Recensione di Patrizia Marchesini

 

Volume Stelio Dorissa copertinaStelio veniva da Fielis di Zuglio, località che oggi conta una sessantina di anime. Era nato il 23 agosto 1922 e quando partì per il Fronte Russo – il 7 agosto ’42, come riporta il Foglio Matricolare – mancavano pochi giorni al suo ventesimo compleanno. Un ragazzo, dunque.

Che i tempi e gli eventi renderanno uomo in fretta.

 

Assegnato al Battaglione Tolmezzo sin dalla chiamata alle armi (risalente al gennaio ’42), il 22 maggio di quello stesso anno scrive da Udine al fratello Ferruccio (al Fronte Greco-Albanese): “[...] sono a dirti che apena arrivato in caserma quei anziani mi sembravano tutti leoni nella gabia [...] ma ora sono 3 giorni che mi trovo qui sono ormai fatti amici [...].”

Sebbene Stelio conservi il modo di esprimersi tipico di un ragazzo della sua età, in lui si nota presto una consapevolezza nuova.

“[...] se sapessi mama quanto lungo e questo viaggio ed ancora non siamo arrivati ci vuole ancora giorni [...].”, racconta alla madre Maria nella lettera del 16 agosto. Durante il percorso che – in treno e poi a piedi – lo porterà a Saprino,[1] poco distante dal Don, la corrispondenza inviata a casa è frequente nonostante i disagi indubbi che un viaggio simile comporta.

Stelio rassicura la mamma e la sorella Gina, ma non nasconde la presenza massiccia di pidocchi (definiti la cavalleria rusticana),[2] le condizioni misere della popolazione, il desiderio di ricevere notizie da casa e il fatto che per integrare il rancio la sera si cerchino patate nei campi.[3]

Già in questa fase inizia a chiedere con insistenza sigarette (o cartine per confezionarsele con il tabacco). Il fumare è passatempo (forse è riduttivo definirlo tale) che accomuna tantissimi nostri militari al Fronte Russo e Stelio si indigna nel rendersi conto che quanto gli spedisce la madre talvolta non giunge a destinazione.

“[...] se non sono vigliacchi si degnano ha portar via una sigaretta che va ha un soldato lontano dalla Patria guarda che sono cose dell’altro mondo [...].”[4]

 

Nel descrivere il quotidiano e certi momenti spensierati, condensa la sua saggezza di ventenne in una frase di efficacia toccante: “[...] a pensar bene si e ormai vecchi ma si e come fruz.”[5]

Arriva l’autunno “e incomincia a fare freschetto [...] ci anno dato due paia di calzetti, ma ci vorebbero dei nostri per non patire freddo [...].”[6]

Si cresce in fretta, al fronte: “[...] sono ormai passati 9 mesi di naia ormai siamo anziani mica come quelle tube del nostro paese mi farai sapere ove sono stati destinati.”[7]

Già, come si cresce in fretta... Da numerosi dettagli si intuisce il non volere arrecare angoscia a mamma Maria: “[...] ora sono un po’ grasso, ma per viaggio ti dico la verità che ero magro come un cane però ora sono grassetto.”[8]

La famiglia diviene per Stelio la priorità assoluta, così come il ricongiungimento al suo piccolo nucleo di affetti. Nulla vi si deve frapporre: “[...] mi scrisse mamma Uccio che ha lasciato la morosa a fatto bene ora si e soldati e non si deve pensare a morose si pensa solo alla propria casa e mamma per morose si a tempo anche dopo [...].”[9]

Al fratello descrive in maniera abbastanza esplicita il posizionamento del suo reparto (la 72ª Compagnia del Battaglione Tolmezzo): ora si trova in prima linea su una collinetta in riva al Don; la sera gli esploratori escono di pattuglia oppure si sta di vedetta all’osservatorio. Non si avanza, no.

Trapela ancora ottimismo e Stelio ripete il suo mantra sulla fine della guerra e sul rientro a casa dalla mamma. Sani e salvi e vittoriosi.[10]

 

Si accentua la nostalgia per i piccoli, semplici e grandi piaceri della vita al paese, ma Stelio desidera sempre e comunque tranquillizzare la madre: “ [...] e non piangere che qui non credere che sia nel inferno qui siamo quasi in Paradiso si passa i giorni con le gambe al sole e si fa delle risate [...].”[11]

Il 4 dicembre racconta che fa freddo ed è caduta la neve. Come il solito, però, dà un colpo al cerchio e uno alla notte perché subito sdrammatizza e dichiara che gli inverni friulani sono peggiori.

Il 22 dicembre si scusa con la madre per avere lasciato trascorrere diversi giorni dall’ultima sua lettera del 16 dicembre.

“[...] sono cambiato di posto ti faro sapere in seguito [...].”

 

Noi sappiamo che a partire dal 16 dicembre la Julia viene trasferita a sud del fiume Kalitva per proteggere il fianco destro del Corpo d’Armata alpino a seguito dei violenti attacchi nel settore del II Corpo d’Armata italiano (che poi inizierà ad arretrare) ed è noto che tra i reparti inviati per primi sulle nuove posizioni vi è anche il Battaglione Tolmezzo di Stelio. Nuove posizioni che, occorre rammentarlo, all’inizio sono semplici avvallamenti nella neve, esposti al gelo e ai continui assalti avversari.

La Julia resisterà così per un mese, fino a quando anche il Corpo d’Armata alpino riceve ordine di ripiegare (il 17 gennaio 1943).

 

Si cresce in fretta, in Russia, ma tanti non invecchieranno mai e non vedranno scorrere le stagioni.

Per Stelio nessun ritorno alla sua “cara casetta in cima alle montagne”, nessuna festa di San Rocco.[12] Niente morose né baracate in paese, a godersi la gioventù.

 

23 dicembre 1942 XXI

Carissima Mamma

[...] stai allegra e non pensare che un giorno ritorneremo assieme […] nevica quasi tutti i giorni però non fa caso siamo riparati [...]. Ora mamma siamo alle S. feste natalizie e quando riceverai questa mia saranno ormai passate così vi auguro che le avrete fatte bene. Per ora non ho altro da dirti porgo i miei migliori baccioni e auguri aff. Stelio [...].[13]

 


 

Stelio Dorissa, nipote omonimo dell’alpino scomparso, ha curato e pubblicato questo epistolario in memoria dello zio. Il libro si apre con un capitolo che descrive i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza di Stelio; a seguire, una sintesi degli eventi del secondo conflitto mondiale, con un focus relativo alle operazioni al Fronte Russo (riguardo alla parte prettamente storica ho notato piccole incongruenze su alcune date).

Si prosegue con la trascrizione delle lettere e cartoline, che il dottor Dorissa ha voluto giustamente lasciare nella loro forma originale.

 

Il penultimo capitolo illustra le ipotesi sulla scomparsa del giovane Stelio, che il Ministero della Difesa indica come disperso dal 21 gennaio 1943.

Se tale data rimanda agli scontri durissimi sostenuti dalla Julia nella zona di Novopostojalovka e al successivo movimento verso Novogeorgievsk, non si può ignorare che il Verbale di Irreperibilità cita Colubaja (Golubaja Kriniča → in cirillico, Голубая Криница) come luogo di scomparsa e che tale località è un chiaro richiamo allo schieramento assunto dalla Julia a sud del Kalitva.

In Fronte Russo: c’ero anch’io, Volume 2° (a cura di Giulio Bedeschi ed edito da Ugo Mursia Editore) ho reperito un’unica testimonianza di un reduce della 72ª Compagnia del Battaglione Tolmezzo.

Ecco quanto scrisse Osvaldo Magris in merito alla giornata del 21 gennaio 1943...

 

Una grande tormenta di neve e vento siberiano ci impediva di camminare; la neve ci copriva tutti, non si poteva vedere a tre metri di distanza e quindi non sapevamo dove andare. [...] Ci trovammo in un avvallamento, la bufera era diventata così forte che sollevava e trasportava un uomo. Per superare questo avvallamento dovemmo abbracciarci uno all’altro e con estrema forza, uniti, superammo il valico; tutti credevamo che fosse la fine, non a causa del nemico ma per la grande bufera.

 

Osvaldo Magris sarebbe poi riuscito a ricongiungersi alla colonna della Divisione Tridentina, così come altri del Tolmezzo, e il 26 gennaio era anche lui a Nikolaevka...

 

Arrivare oggi a stabilire quale fu la sorte effettiva di Stelio è molto difficile, purtroppo.

Al dottor Dorissa va la nostra gratitudine per avercelo fatto conoscere attraverso le sue lettere, le cui scansioni sono incluse nel capitolo conclusivo del volume.

Emily Dickinson disse: “Una lettera mi è sempre parsa come l’immortalità...” e non possiamo che darle ragione.

 

 

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Stelio Dorissa (23.08.1922 – 21.01.1943)

 

Stelio Dorissa (a cura di)

Il fronte russo nelle lettere di un alpino della Julia

Gaspari editore, Udine, 2017

 


 

[1] A causa della pronuncia il nome di tale località è ancora oggi spesso traslitterato come Saprina o Ssaprina. In cirillico è Саприно.
[2] Lettera del 21 agosto 1942.
[3] “[...] e tutto un fuoco di cucinamento tutti si arangiano per conto di mangiare.” Lettera del 26 agosto 1942.
[4] Lettera del 5 ottobre 1942.
[5] Fruz → Bambini. Lettera del 2 ottobre 1942.
[6] Lettera del 10 ottobre 1942.
[7] Il riferimento è ai ragazzi nati nel ’23, per i quali Stelio immaginava fosse giunta la chiamata alle armi. Lettera del 17 ottobre 1942.
[8] Lettera del 21 ottobre 1942.
[9] Ibidem. Uccio è diminutivo di Ferruccio (che, lo ricordiamo è il fratello di Stelio).
[10] Lettera del 23 ottobre 1942.
[11] Lettera del 6 novembre 1942.
[12] Di questa ricorrenza paesana aveva parlato nella lettera del 16 agosto ’42, indirizzata alla madre e alla sorella Gina, e aveva espresso un grande rammarico per non essere stato presente.
[13] Ultima lettera pervenuta ai familiari.
 
 

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