Per chi volesse contribuire a questa discussione, segnalo lo
scambio-commenti
già intercorso fra me e Marco Pancani.
Eravamo partiti dall'interesse di Marco in merito al Rapporto U.N.I.R.R. sui prigionieri di guerra italiani in Russia, a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta.
Saluti a tutti.
Patrizia
P.S.1
Nel data-base U.N.I.R.R. il caporal maggiore Pancani risulta assegnato al 2° Reggimento alpini, e non al Comando divisionale.
Se Marco ha scritto così, però, è indubbio che vi saranno lettere che lo testimoniano. Dalla corrispondenza emerge quali fossero le mansioni di Carlo?
P.S.2
In merito all'ultimo interrogativo posto da Marco, la lettura di alcuni libri e testimonianze rimarca come - quando possibile - gli ufficiali fossero stati divisi dalla truppa fin dai primi giorni dopo la cattura. Penso, per esempio, a quanti caddero in mano sovietica nei pressi di Valuiki. Alcuni racconti evidenziano che, se le condizioni di vita nel primissimo periodo di prigionia furono durissime per tutti, per i semplici militari lo furono in certi casi ancora di più: basti pensare all'inferno di Hrenovoe (Krinovaja).
I generali delle tre Divisioni subirono un trattamento a parte e furono rinchiusi, a dire il vero, anche nel carcere della Lubianka, a Mosca, se ben ricordo... dove certo non se la passarono bene.
Bisogna considerare che i tre generali erano prigionieri
preziosi, dal punto di vista propagandistico.
Credo che ai Sovietici
servissero molto più da vivi, che da morti.
Poi, è vero, furono rimpatriati, ma solo nel 1950.
Ho conosciuto un reduce, deceduto la scorsa primavera (mi riferisco a Lelio Zoccai): l'esperienza della prigionia fu durissima, per lui (come i tre generali, anche Lelio tornò in Italia solo nel 1950).
Persona riservatissima, pur avendo ben presenti tanti episodi relativi alla prigionia, era difficilissimo fargli tornare alla mente nomi di commilitoni, sia in relazione al periodo trascorso al fronte, sia per quanto riguarda i lunghi anni nei lager sovietici.
Rammentava numerosi dettagli, ma soprattutto la fame, la disperata ricerca di cibo, il lavoro durissimo, la solitudine e la disperazione dopo che la maggior parte dei prigionieri italiani venne rimpatriata tra la fine del 1945 e l'estate del 1946.