“Ho fotografato l’ultima carica della cavalleria italiana”

07/03/2016 08:09 - 07/03/2016 09:41 #1 da Marco
Segnalo che oggi sul sito del giornale La Stampa è stato pubblicato questo articolo:
Ho fotografato l'ultima carica della cavalleria italiana di Claudio Bressani.
L'articolo riporta la testimonianza di Carlo Comello, oggi novantaseienne, ex artigliere del 3° Reggimento Artiglieria a Cavallo (se non ricordo male le famose voloire) e testimone oculare dei fatti d'arme di Izbuscenskiji.

Buona giornata a tutti.
Marco
Ringraziano per il messaggio: Patrizia Marchesini, DARIO

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07/03/2016 09:24 #2 da Patrizia Marchesini
Risposta da Patrizia Marchesini al topic “Ho fotografato l’ultima carica della cavalleria italiana”
Wow, Marco... che tuffo al cuore!

Le Voloire erano il reparto di mio nonno (giunto però al Fronte Orientale con i complementi nel tardo autunno 1942).
Nonno Ezio venne assegnato al II Gruppo, e non fece ritorno.

Ora devo scappare, ma leggerò con maggiore attenzione l'articolo cui ho dato uno sguardo velocissimo.

Grazie mille per questo contributo.


Patrizia

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07/03/2016 16:15 #3 da DARIO
Che meraviglia! Grazie delle segnalazione.

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07/03/2016 18:34 #4 da Marco
Prego.
Mi sono permesso di segnalare l'articolo perchè, da ignorante, ho avuto la sensazione che contenesse notizie non risapute.
E poi, considerando che il sig. Comello oltre a essere vivo e vegeto (spero per ulteriori 96 anni) viene descritto come lucidissimo, chissà che magari a qualcuno/a non venga in mente di raccoglierne la testimonianza...

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08/03/2016 00:24 - 10/03/2016 16:23 #5 da Patrizia Marchesini
Risposta da Patrizia Marchesini al topic “Ho fotografato l’ultima carica della cavalleria italiana”
Allora...
Eccomi, dopo avere letto l'articolo di cui Marco ci ha fornito il link.

Alcune osservazioni...

La didascalia dell'immagine descrive Carlo Comello come appartenente al Reggimento Savoia Cavalleria.
Ma il dettaglio è contraddetto poche righe sotto, quando si dice che lo stesso Comello era assegnato al I Gruppo del Reggimento Artiglieria a Cavallo.

Ho sempre saputo che a supporto di Savoia - quel 24 agosto 1942, giorno della carica - vi fosse soltanto il II Gruppo, ma può essere che nelle vicinanze vi fosse anche il I Gruppo. Il III Gruppo delle Voloire, invece, in quei giorni dava supporto soprattutto a Novara Cavalleria.

La fotografia - si assicura - è l'unica scattata nella piana di Izbušenskij. Ma per gli addetti ai lavori sono note le poche e sfuocate immagini della steppa scattate dal capitano Silvano Abba (comandante il 4° Squadrone di Savoia Cavalleria) subito prima di andare all'attacco in cui trovò la morte.
Le foto del capitano Abba vengono definite (nel libro di Lucio Lami, Isbuscenskij l'ultima carica) come "le uniche esistenti (e autentiche) scattate durante la carica".

Nel volume suddetto si parla di un ambiente stepposo con campi di grano ed erba alta ma non voglio certo escludere che vi fosse anche il boschetto di betulle cui accenna Carlo Comello nel suo racconto.
Non entro nel merito della descrizione di Comello ("[...] vedevo passare a intervalli gli squadroni lanciati al galoppo contro le postazioni dei Russi. Scavalcavano le loro trincee e arrivarono fino al Don, per poi fare dietrofront e colpirli alle spalle, mentre i Lancieri di Novara li attaccavano ai fianchi.")


Ora, non riesco a quantificare con precisione la distanza tra quota 213,5 (dove si svolse la carica) e il Don, ma direi che vi erano almeno quattro chilometri. Dalle descrizioni della carica che ho letto non solo nel volume di Lucio Lami, ma anche in quelli di Giorgio Vitali (Trotto, galoppo... Caricat! Storia del Raggruppamento truppe a cavallo. Russia 1942-1943 e Sciabole nella steppa) non sembra che la carica si sia spinta sino al fiume.

Quello che è certo è che Novara Cavalleria, seppure in zona, non prese parte alla carica.
Nel libro Memorie di un "Bianco Lanciere", di Francesco Belloni è descritto cosa fece il Reggimento dei Lancieri di Novara il 24 agosto (quando, cioè, Savoia effettuò la carica): venutosi a trovare in territorio nel quale erano presenti forze avversarie, e rischiando di rimanere accerchiato, in pratica procedette silenziosamente dall'una e trenta del mattino sino a raggiungere - sul far del giorno - gli avamposti della Tagliamento a nord ovest del caposaldo di Čebotareskij, e proseguendo poi per Deviatkin.

Vi sono, perciò, nel racconto di Carlo Comello alcuni dettagli che mi lasciano perplessa e che mi piacerebbe approfondire.
In questo ulteriore articolo ho trovato menzione di un libro di memorie scritto dall'artigliere (Fronte russo 1941-1942, c’ero anch’io), che magari cercherò di procurarmi. Chissà se - come indica l'articolo - è ancora disponibile presso il Municipio di Castelnovetto (PV).

Concludo con le righe finali dell'autore dell'articolo segnalato da Marco:

Gli ufficiali tedeschi si congratularono con il colonnello Alessandro Bettoni, comandante del Savoia Cavalleria, dicendo: «Noi queste cose non le sappiamo più fare».Un riconoscimento del valore dei soldati, ma anche dell’arretratezza delle tecniche militari italiane, quando ormai si era alla vigilia della guerra atomica.

La frase pronunciata dai Tedeschi è famosa ed è citata - per esempio - anche in Sciabole nella steppa.
Tuttavia bisogna prendere con le molle il riferimento all'arretratezza delle tecniche militari italiane in relazione all'uso specifico della cavalleria italiana al Fronte Russo.
Infatti il Raggruppamento Truppe a Cavallo - che da inizio marzo 1942 (se ben ricordo) comprendeva i Reggimenti di Cavalleria Novara e Savoia, nonché il Reggimento Artiglieria a Cavallo (reparti in precedenza assegnati alla Divisione Celere, con cui erano partiti per il Fronte Russo nel luglio 1941) - era stato costituito proprio su imitazione di analoghe Unità sovietiche.
Si era visto, infatti, che tali formazioni di cavalleria potevano rivelarsi molto utili e pericolose, avendo caratteristiche di pronto impiego, di velocità nel prendere posizione e nel pattugliare il territorio (peculiarità che vennero sfruttate appieno e ripetutamente durante la Prima Battaglia Difensiva del Don --> 20 agosto - 1° settembre 1942).
Non dimentichiamo che mesi dopo i resti delle Divisioni Cuneense, Julia e Vicenza (nonché proprio delle Voloire) in ripiegamento trovarono la fine nella zona di Valujki, gli ultimi giorni del gennaio 1943, dove erano dislocate Unità di cavalleria cosacca che non diedero tregua: chi non venne ucciso, fu avviato in prigionia.
Una prova che anche gli avversari ritenevano i reparti di cavalleria efficaci, soprattutto per azioni di un certo tipo, che prevedevano velocità e incursioni a sorpresa.

Ancora grazie a Marco per questo contributo interessante.

Patrizia
Ringraziano per il messaggio: Andrea Riva

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08/03/2016 01:03 #6 da Andrea Riva
Devo ammettere che anch'io, appena letto l'articolo, ho avuto qualche dubbio sulla provenienza della foto. Il particolare che mi lascia perplesso è che Comello dichiara di vedere la carica, dalla sua postazione, attraverso un cannocchiale, mentre la foto in questione è di un primissimo piano (tra l'altro sulla linea della carica, con le fanterie russe, teoricamente, alle spalle del fotografo). Forse potrebbe trattarsi di uno scatto durante le riprese successive a cura dell'Istituto Luce? A questo proposito approfitto per una domanda, qualcuno sa se questo video esiste?

Andrea
Ringraziano per il messaggio: Patrizia Marchesini

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