Milano, 23 marzo 2013
Commemorato il 70° della battaglia del Don nella Basilica di Sant’Ambrogio.
Milano S Ambrogio pBasilica di S. Ambrogio

PERDONO
A voi, che siete caduti senza nulla chiedere nel compimento del dovere, noi fortunati superstiti di quella tragica avventura, ci inchiniamo e chiediamo perdono.

Sì, chiediamo il vostro perdono.
Sì, chiediamo il vostro perdono per chi vi ha mandati a combattere a migliaia di chilometri dalle vostre case e poi si è dimenticato di voi.
Chiediamo il vostro perdono per quelli che vi hanno offesi e umiliati, dichiarando che non eravate meritevoli neppure di essere sepolti in terra straniera.
Chiediamo il vostro perdono per coloro che vi hanno rinnegati, paragonandovi a soldati mercenari, voi che non avete servito sotto bandiere di parte, ma che avete combattuto e vi siete sacrificati nel segno del Tricolore Italiano!

Forse non sarebbe così difficile trovare altri che dovrebbero farsi perdonare ed includere in questa preghiera, recitata in Sant’Ambrogio dai giovani Luis Angel Ajroldi e Alessandro Patrini, la cui pari età sommata, risulterebbe identica ai vent’anni dei tantissimi il cui perdono viene implorato. Sabato 23 marzo u.s. nella stessa basilica milanese la nostra Unione ha ancora rinnovato l’omaggio e il ricordo di quanti non tornarono a baita dal Fronte Russo. Anzi, la nostra Presidente Nazionale, cav. Luisa Fusar Poli, così esordiva nel suo saluto di accoglienza: “Con i nostri Caduti, ricordiamo anche i giovani soldati che, dalle missioni di Pace, rientrano in Patria avvolti nel tricolore”. Tutti erano quindi chiamati ad una commemorazione corale, dalle delegazioni sezionali U.N.I.R.R. presenti (Asti, Friulana, Lecco, Milano, Parma, Stradella, Torino), ai rappresentanti di molte altre Ass.ni d’Arma e civiche, ai numerosi fedeli che gremivano Sant’Ambrogio, conquistati da quella coreografia solenne e rievocativa di inusuale maestosità. Nella parte più avanzata del presbiterio spiccava il Medagliere Nazionale della nostra Unione, poi a lato dell’altare i gonfaloni comunali, mentre l’intero abside era gremito di labari, vessilli, bandiere, gagliardetti che si protendevano verso il grande mosaico del catino, il quale sembrava voler accomunare in un grande abbraccio tutti i caduti simboleggiati dalle differenti insegne. “Cade quest’anno il 70° del ripiegamento dell’Armata italiana in Russia e della battaglia di Nikolajevka - ha aggiunto Luisa Fusar Poli - una ricorrenza carica di memorie soprattutto per coloro che ebbero un familiare fra i Caduti e i Dispersi in quell'infinito turbine di neve, di gelo, di fuoco e di sangue. È un momento riservato al ricordo; l'impegno di onorare il sacrificio di tanti padri e fratelli ci chiama qui e ci spinge a ricercare un incitamento da contrapporre ad una realtà che fu tanto disumana. Il loro sacrificio non è stato vano. Le ragioni politiche per i nostri padri o fratelli che furono sacrificati nelle gelide steppe russe appartengono ormai alla storia. È storia che non vogliamo dimenticare, ma commemorare, ricordando l'olocausto di tante migliaia di nostri soldati inviati a combattere una guerra non loro. Tuttavia, tennero fede con eroismo ed onore alla Patria ed alla Bandiera”.
A quegli ormai lontani fatti d’arme ha fatto riferimento anche il celebrante Mons. Giovanni Giacomelli, Capo del Servizio Spirituale Interforze, nell’accentuare l’ostinata determinazione con la quale i nostri affrontarono gli ultimi scontri durante il grande ripiegamento, al solo scopo di aprirsi una strada verso il rimpatrio. Rappresentava la Giunta e il popolo milanese il Gonfalone comunale scortato dall’Assessore alla Mobilità e Ambiente Pierfrancesco Maran il quale ricordava come la battaglia del Don fosse stata una delle più sanguinose e avesse causato la morte di decine di migliaia di nostri soldati. Soldati che avevano assolto il proprio dovere nonostante l’inadeguatezza degli armamenti e che grazie alla loro tenacia e al loro coraggio avevano tenuto un comportamento straordinario, aprendo la strada - sia durante il ripiegamento, che dopo, assieme al popolo italiano - nell’affrancamento dalla dittatura e verso la rinascita del paese. E concludeva: “Ricordare oggi il sacrificio e l‘eroismo di questi nostri connazionali è un’occasione per ribadire ai giovani l’assurdità della guerra. Spetta a noi onorare degnamente la loro memoria, non solo oggi in occasione di questa manifestazione, ma ogni giorno”.
Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva inviato un suo messaggio, che riportiamo a parte. Con commozione, il reduce 91enne Carlo Allievi recitava la Preghiera del Disperso, accompagnato sommessamente dal Coro Alpini di Melzo, che aveva solennizzato l’intera celebrazione del sacro rito. Quindi, preceduti dal picchetto armato, tutti raggiungevano il vicino Sacrario per gli onori ai Caduti di Russia con la deposizione di ghirlande. Onori ai pochi Caduti laggiù riuniti, come ai più disseminati nelle numerose fosse comuni. Scendere le rampe del Sacrario ricorda la discesa nell’Ade, il regno greco-latino dei morti. Si prova un senso di oppressione e sofferenza, la sofferenza che causò quelle morti. Morti sacrificali, e il sacrificio è la rinuncia di qualcosa in vista di un fine. Molti di loro si sacrificarono perché altri vivessero. Ma i più morirono a causa di un evento - la guerra - superiore alla loro volontà, alle loro forze. A noi trarre i dovuti insegnamenti perché non si ripropongano le condizioni che provocarono l’evento.

Giovanni Vinci

 

 


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