C'è un corpo in poltiglia

con crespe di faccia, affiorante

sul lezzo dell'aria sbranata.

Frode la terra.

Forsennato non piango:

affar di chi può, e del fango.

Però se ritorni

tu, uomo, di guerra

a chi ignora non dire;

non dire la cosa ove l'uomo

e la vita s'intendono ancora.

Ma afferra la donna

una notte, dopo un gorgo di baci,

se tornare potrai;

sòffiale che nulla del mondo

redimerà ciò ch'è perso

di noi, i putrefatti di qui;

stringile il cuore a strozzarla:

e se t'ama, lo capirai nella vita

più tardi, o giammai.

 

 

Clemente Maria Rèbora (Milano, 6 gennaio 1885 – Stresa, 1° novembre 1957)

Da Le poesie 1913-1957, a cura di Vanni Scheiwiller, Garzanti, Milano, 1961 e 1994

 


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